Colonna Sonora disponibile su Itunes.
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Blogo intervista Kristian Sensini autore della colonna sonora di “Rocks in My Pockets”, il film d’animazione che rappresenterà la Lettonia agli Oscar 2015.
Cineblog dedica spesso spazio alle colonne sonore cinematografiche e così abbiamo colto l’occasione di intervistare il musicista e autore di colonne sonore Kristian Sensini.
Sensini grazie alle musiche realizzate per l’acclamato film d’animazione Rocks in My Pockets, candidato per la Lettonia ai prossimi Oscar 2015, si è guadagnato una nomination per il prestigioso Jerry Goldsmith Film Music Award.
Scopriamo il lavoro di Sensini, il suo background musicale e le sue fonti di ispirazione tra cui non poteva mancare il grande maestro Ennio Morricone.
L’amore per il Cinema e quello per la Musica, non credo sinceramente ci siano altre strade per avvicinarsi seriamente a questa professione.
Sensini inizia da adolescente a studiare pianoforte e flauto traverso e dopo aver ottenuto la maturita’ classica studia presso il Dipartimento di Musica e spettacolo (Dams) indirizzando i suoi studi verso il campo dell’educazione e dell’antropologia musicale.
Dal 1996 al 1999 si occupa della Direzione Musicale di diversi spettacoli teatrali; nel 2003 collabora alla produzione e registrazione di spot pubblicitari e Jingles; nel 2007 si diploma in Jazz presso il Conservatorio di Pesaro; nel 2009 consegue l’abilitazione all’insegnamento dell’Educazione Musicale; nel 2013 compone musiche destinate all’utilizzo televisivo e musiche destinate alle trasmissioni di giornalismo d’inchiesta delle reti RAI.
Per quanto riguarda le composizioni da film Sensini ha musicato il docufilm Tamburini la Costruzione del potere, l’antologia horror Poetry of Eerie, il dramma Butterfly Rising di Tanya Wright e gli horror House of Flesh Mannequins, The Museum of Wonders e Hyde’s Secret Nightmare tutti diretti da Domiziano Cristopharo.
Rocks in my Pockets è un lungometraggio d’animazione che tratta il tema della depressione attraverso una storia di mistero e di redenzione.
Il film è basato su eventi realmente accaduti che coinvolgono la regista newyorkese di origini lettoni Signe Baumane e le donne della sua famiglia nella loro lotta contro la follia.
Il film che solleva questioni come quanto la genetica e la famiglia determinino chi siamo e se è fattibile superare in astuzia il proprio DNA è ricco di metafore visive, immaginario surreale e un contorto senso dell’umorismo che fa parte della personalità della regista.
La Baumane ha optato per l’animazione perchè lo ha visto come un mezzo capace di esprimere pienamente la sua immaginazione e ci tiene a spiegare che l’animazione è spesso erroneamente considerata per bambini quando invece può essere un mezzo di narrazione molto sofisticato, in cui i sentimenti interiori e pensieri possono essere rappresentati in modo astratto e con sfumature che una macchina da presa non potrebbe mai cogliere, e per ribadire tale concetto la regista cita Walt Disney: “L’animazione è in grado di spiegare tutto ciò che la mente umana può concepire“.
Conosciamo meglio Kristian Sensini
Prima di inoltrarci nella parte in cui Sensini ci spiega la genesi dello score composto per Rocks in my Pockets poniamogli qualche domanda per meglio conoscere il suo backgound da musicista.
Cosa è che ti ha fatto avvicinare alla musica da film?
Sarò banale… l’amore per il Cinema e quello per la Musica, non credo sinceramente ci siano altre strade per avvicinarsi seriamente a questa professione. Ci sono molti musicisti che si “improvvisano” musicisti per il cinema, ma non hanno una cultura consolidata in materia (e frequentano anche poco le sale cinematografiche o i festival), altri sono veri cinefili ma non hanno la preparazione musicale necessaria (sono quelli che scrivono esclusivamente musica al computer… o meglio che “suonano” musica al computer). Posso ritenermi fortunato nel definirmi una via di mezzo tra le due categorie. Prima ancora di iniziare a lavorare per il cinema molte persone mi avevano fatto notare come le mie composizioni avessero una qualità narrativa particolare, evocativa di immagini. Di conseguenza il passaggio alla composizione di Musica per Immagini è stato il passo successivo. Questo è avvenuto oltretutto in un periodo nel quale ho iniziato ad abbandonare l’ambito live come flautista jazz, deluso in parte dal fatto che il pubblico nei locali incominciava ad essere in numero inferiore a quello dei musicisti presenti sul palco e dal fatto che il jazz aveva incominciato ad involversi e ad essere restio alle sperimentazioni ed alle innovazioni. Inaspettatamente ho trovato molta più libertà compositiva nella musica per film.
Chi tra i grandi compositori di colonne sonore ti ha più ispirato?
Dovrei fare una lista lunghissima… il primo in assoluto è stato John Williams, l’utilizzo narrativo e metalinguistico della musica in Star Wars mi ha aperto un mondo. Poi Rota e Morricone (che tutti ci invidiano…) ed i grandi della Golden Age di Hollywood, Bernard Herrmann, Max Steiner, Franz Waxman e Erich Wolfgang Korngold. Negli ultimi anni sono molto affascinato da quei compositori che sanno lavorare bene anche in economia di mezzi, per formazioni più cameristiche, ad esempio Alexander Desplat, Michael Price, Bruno Coulais, Alberto Iglesias e Abel Korzeniowski, mi interessa molto il suono “Europeo” per così dire.
Che tipo di musica ti piace abitualmente ascoltare?
Molti rispondono a questa domanda dicendo “Tutta!”, e di solito è un’esagerazione (ad esempio nessuno vuole ascoltare la musica “brutta”). Diciamo che non sono un esclusivista e che mi porto dietro tanta musica che ho ascoltato durante la mia formazione. Il classic rock ad esempio, ovviamente il jazz (non molto il bebop…), alcune colonne sonore (soprattutto dei Maestri citati nella risposta precedente) e molta musica classica (soprattutto ‘800 e inizi del ‘900). Poi dipende anche dai progetti ai quali sto lavorando, sono uno di quei compositori che prima di immergersi in un progetto fa ricerche musicali. Per “Rocks in my pockets” ad esempio ho ascoltato moltissima musica popolare e colta dei paesi dell’Est Europa, in particolar modo dell’area baltica e della Lettonia (dove è ambientato parte del film).
Ci puoi descrivere a grandi linee il processo creativo che ti porta a creare le singole tracce per un film?
Dipende molto dal progetto, l’approccio è sempre un po’ diverso, e dal tempo che ho a disposizione. Se ho molto tempo (e ho la fortuna di poter lavorare sul montato, anche se provvisorio), vedo molte volte il film e parlo molto con il regista per chiarire il suo punto di vista e magari fa
rgli notare quale potrebbe essere il mio (questo per essere chiari sul messaggio che si vuole far passare, che potrebbe altrimenti essere travisato). Poi inizio a scrivere (carta, matita e gomma, vecchia scuola…) i temi principali e preparo degli sketches per le orchestrazioni, infine procedo all’orchestrazione vera e propria fatta al computer. E’ un metodo molto dispendioso in termini di tempo ma che ti dà modo di entrare davvero dentro le immagini, a livello sia musicale che narrativo, e di restituire emozioni e significato attraverso la musica. Molte volte, troppe volte, non c’è questo tempo e occorre lavorare a tempi record (un’ora di musica composta, arrangiata e registrata in meno di un mese), in casi del genere non si ha tempo per i ripensamenti, e preferisco allora lavorare d’istinto: seguo la cronologia del film e scrivo una scena dopo l’altra cercando di vederla solo una volta e di ricordarmi bene la sensazione emotiva che mi ha dato la prima volta. Se vedo che la scena manca di ritmo o è narrativamente confusa, cerco tramite il mio intervento di renderla più comprensibile e immediata. E’ un qualcosa a metà tra “mestiere” e “ispirazione”.
Abbiamo notato che hai spesso musicato film horror, hai una qualche predilezione per il genere?
Assolutamente sì, sono sempre stato un appassionato del genere, fin da bambino. Adoro sia l’horror “old style” (più i mostri della Universal che quelli della Hammer) che i progetti più recenti (Eli Roth ad esempio), senza dimenticare la grande stagione dei Maestri degli anni ‘70 ed ‘80 (periodo nel quale c’era molta più creatività narrativa e di effetti speciali, probabilmente dettata dai budget ristretti…). Il genere oltretutto consente di affrontare musicalmente una vasta gamma di stili, si può essere MOLTO sperimentali in alcune scene, molto melodici nella successiva, mescolare l’orchestra con l’elettronica, utilizzare strumenti musicali rari e poco conosciuti o ancora utilizzare strumenti noti in maniera inusuale.
Spesso l’importanza di un azzeccato e puntuale contrappunto musicale in un film viene sottovalutata, puoi elencarci cinque colonne sonore che secondo te hanno contribuito inequivocabilmente al successo di un film?
Devo rispondere in maniera molto scontata, ma gli esempi più conosciuti sono: Jaws (la musica ci fa percepire lo squalo anche quando fisicamente non c’è), Star Wars (potrebbe essere un film addirittura noioso senza la colonna sonora), E.T. (guardate gli ultimi dieci minuti di film senza la colonna sonora, ci emozioniamo ancora nella stessa maniera?), Arancia meccanica (la musica classica riletta in chiave elettronica da Wendy Carlos è il perfetto contrappunto alle atmosfere estranianti di Kubrick) e qualsiasi frutto della collaborazione Fellini/Rota (davvero non saprei scegliere un esempio, regista e compositore sono un’unica persona in quei film).
Rimanendo nell’ambito di score thriller e horror, i temi principali di “Profondo rosso”, “L’esorcista”, “Lo squalo” e “Halloween” sono partiture musicali di grande effetto evocativo, ma anche notevolmente semplici nella loro struttura, secondo te qual’è il segreto del loro enorme impatto sull’immaginario dello spettatore?
La semplicità stessa. Una musica “semplice”, o meglio, che noi percepiamo tale, ci mette inconsciamente a nostro agio come spettatori ed allo stesso tempo può risvegliare in noi sensazioni ancestrali, antiche o infantili. Come sostiene Bruno Coulais: “cosa c’è di più terrorizzante dell’infanzia e dei suoi ricordi?”, non è forse per questo motivo che in molti film horror troviamo suoni apparentemente innocui come quello del carillon, o litanie infantili e ninne nanne? Va anche sottolineato che le melodie e le strutture semplici si “incollano” alla memoria (o meglio al subconscio) in maniera più immediata e sono più facilmente gestibili come leitmotif all’interno di una colonna sonora.
Parlando della colonna sonora di “Rocks in my Pockets” com’è nata la collaborazione con la regista Signe Baumane?
Come spesso accade nel nostro mestiere, per caso… avevo contattato il regista Bill Plympton per fargli ascoltare alcuni miei lavori e casualmente Signe, amica e collaboratrice di Plympton, stava cercando un compositore per il suo primo lungometraggio animato. Dopo esserci scambiati alcune mail ho preparato dei mockups per due scene del film, sono piaciuti e… ho iniziato immediatamente a lavorare al film.