Il delicato suono delle immagini dei Pink Floyd

http://www.colonnesonore.net/contenuti-speciali/dossier/5699-il-delicato-suono-delle-immagini-dei-pink-floyd.html

Musica per i miei occhi
Il delicato suono delle immagini dei Pink Floyd

Lo scorso 14 Luglio, in occasione del suo concerto al Circo Massimo di Roma, Roger Waters ha accettato la nomina a socio onorario dell’ACMF – Associazione Compositori Musica da Film, costituitasi nella Capitale nel 2017. La pergamena è stata consegnata dal presidente Pivio Pischiutta e dal socio Kristian Sensini. Nell’accettare l’onoreficienza il Maestro Roger Waters ha chiesto notizie del  Maestro Premio Oscar Ennio Morricone chiedendo di salutarlo a suo nome, con le seguenti parole: “Come sta il mio amico Ennio?“. “Abbiamo lavorato insieme qualche anno fa” (probabilmente parlava della canzone “Lost Boys Calling” per La leggenda del pianista sull’oceano di Giuseppe Tornatore). “Send him my love

Roger Waters riceve il premio da Pivio e Kristian Sensini (Foto di Kate Izor)

Noi di Colonne Sonore, approfittando di tale riconoscimento ad uno dei maggiori musicisti e interpreti del panorama musicale mondiale, abbiamo deciso di dedicargli un dossier sulla sua Opera con il famoso gruppo Pink Floyd all’interno dell’Ottava Arte.

Ci sono musicisti che suonano le note, e musicisti che suonano le immagini, come i Pink Floyd. Già, la loro è una musica da gustare con occhi e orecchie ben aperti (senza scordare gli anarchici voli pindarici che prendono il largo nella mente di chiunque si imbatta nelle loro composizioni). Non mi sarei spinta a tanto (o forse sì) se la mia osservazione non fosse avallata dal parere illustre di Mr Roger Waters, per il quale il segreto del successo dei Pink Floyd è la generazione esponenziale di immagini; un effetto domino, uno scorrere incessante di note e sequenze, di raccordi sonori e sussulti del cuore, di giri di basso e di zoomate psichedeliche così caleidoscopiche che nemmeno Buz Luhrmann (regista australiano di Moulin Rouge!) riuscirebbe ad escogitare. “Nota-immagine”, è questo il connubio vincente. E se nella mente dell’ascoltatore l’effetto visionario si produce in maniera del tutto naturale, spontaneamente, scatenando tutte le endorfine a disposizione, in un contesto collettivo, dal vivo, come si possono convogliare tutti i presenti in un unico, intimo, viaggio? Semplice, proiettandolo, proprio come fosse un film formato da un susseguirsi di cortometraggi o se vogliamo clip o videoclip, che ha per colonna sonora i vari pezzi musicali in scaletta.

Ecco i Pink Floyd. Un amplesso tantrico tra musica e immagini, senza eguali.
Immagini eteriche, sottili, volutamente criptiche, surreali, emblematiche, talvolta assurte a ieratiche tanta è la sacralità umana che le sottende.
L’approdo del gruppo all’universo cinematografico era dunque scontato, un po’ come il matrimonio tra una coppia di lunga data; in principio ci fu il regista inglese Peter Whitehead, noto per aver girato svariati video promozionali (i precursori dei moderni video musicali) dei Rolling Stone, nonché “Interstellar Overdrive” dei Pink Floyd; fu proprio a loro che il regista chiese di registrare una versione più lunga della canzone da inserire nella colonna sonora del suo film Tonite Let’s All Make Love in London. Siamo negli anni della Swinging London e della doppia collaborazione del gruppo con Barbet Schroeder per More – Di più, ancora di più e La Vallée (pellicole interamente accompagnate dalla colonna sonora dei Pink Floyd); venne poi il turno del nostro Michelangelo Antonioni per il suo Zabriskie Point (la cui colonna sonora era stata originariamente commissionata ai soli Pink Floyd, ma in cui alla fine sono confluiti solo tre brani), seguito dal leggendario Live at Pompeii (film-documentario-concerto diretto da Adrian Maben), per planare (o prendere il volo?) verso il trionfo dell’universo immaginifico di Roger Waters, affidato al regista Alan Parker, per il film Pink Floyd The Wall. La pellicola, trasposizione cinematografica – con alcuni adattamenti – dell’album The Wall, è un evento raro ed eccezionale nella storia del cinema.
Ritorniamo per un istante alla metafora del matrimonio: il cinema ha sempre corteggiato i Pink Floyd, sperando così di godere di splendide colonne sonore tessute ad hoc, dal canto loro, i quattro inglesi non hanno mai nascosto il piacere nel comporle (io aggiungerei anche del corteggiamento).
Tutto questo accade senza mai trascurare le cover dei loro album, la maggior parte delle quali disegnate da Storm Thorgerson.
I Pink Floyd sono il risultato di un’incredibile alchimia tra quattro personalità, quattro uomini tanto coraggiosi da affidare messaggi per l’umanità a note, parole, mantra e immagini che scorrono sul grande schermo cinematografico o sul suo fratello rock, ossia lo schermo montato sul palcoscenico. Sì, perché la musica dei Pink Floyd non “suona”, lei va in scena, come una prima donna consapevole della propria avvenenza e del potere che esercita sulle masse (di ogni età, sesso e probabilmente religione) da ormai ben 50 anni.
A questo punto le mie parole possono suonare superflue; il nuovo tour di Roger Waters è a dir poco spettacolare, i suoi sono messaggi di speranza, amore, pace e tenacia, così forti ancorché dolenti, da prendere a morsi l’anima. Waters e la sua coperta patchwork fatta di suono, poesia e visioni, Waters e il suo messaggio, affidato all’immagine emblema del tour: “Us + Them”, due mani che danzano per unirsi. Da qui in poi, cari lettori, procedete pure da soli, perché le letture di due mani che si uniscono sono infinite ed infinitamente potenti. Ricordate la metafora iniziale del matrimonio? Ecco, io la vedo così: Waters all’altare celebra il matrimonio tra il suo multiverso e noi; tra chi lo ascolta, lo gusta, ne coglie le sfumature, i colori, e chi è dall’altra parte, forse addirittura altrove.

Author:

/

Tags: