In tanti mi avete chiesto di approfondire questo aspetto, che qualcuno definirebbe veniale: quanto guadagna un compositore di colonne sonore? Si tratta di un discorso ampio dal punto di vista tecnico, dal punto di vista delle statistiche e dal punto di vista delle scelte di vita. E’ la motivazione per alcuni che porta a scegliere questa carriera ed in alcuni casi ad abbandonarla.
La risposta più semplice e banale è che il compositore guadagna quanto vuole guadagnare. Quando si viene ingaggiati per scrivere la musica di un film riceviamo una offerta (o ci viene chiesta una proposta). Siamo poi liberissimi di accettare o meno, certo se abbiamo degli standard molto alti dobbiamo mettere in conto di non poter contare magari sulla continuità lavorativa. E’ poi importante riflettere e capire in quale punto della nostra carriera ci troviamo, se il nostro nome è conosciuto e se siamo in grado, a livello di puro marketing, di avanzare determinati tipi di pretese.
Il mio consiglio è in generale dare un valore al proprio tempo. Chi è abituato, come me, a dare lezioni di musica, sa che una lezione va da 25 a 40-50 euro l’ora. Se si attribuisce al proprio tempo un valore di 50 euro l’ora (giusto per fare un esempio), bisogna calcolare quanto tempo si impiegherà nella realizzazione della musica per un film, moltiplicarlo per il valore orario e chiedere quella cifra. Bisogna anche considerare che un professionista sarà tenuto ad emettere fattura e che nell’importo riportato in fattura, circa la metà andrà via in tasse e spese.
Possiamo considerare anche un altro punto di vista, cioè calcolare il budget disponibile per la realizzazione del film, che non è sempre lo stesso. Negli Stati Uniti esiste una legge non scritta che vuole che una percentuale del budget di un film vada al capitolo musiche, da alcuni anni questo accade anche in Francia ed altri paesi. Se il budget è milionario, anche quello per la musica sarà proporzionale. Ho parlato di capitolo musica e non di ingaggio del compositore perché questa percentuale copre oltre che il nostro cachet anche quello dell’assistente, delle registrazioni, i musicisti, l’acquisto di diritti di sincronizzazione per i brani pre-esistenti che si vogliono utilizzare nel film.
Esiste dunque questa sana abitudine di pensare ad un budget. Anche gli studenti di cinematografia ne tengono conto. Se noi abbiamo idea del budget possiamo valutare se rifiutare o accettare un lavoro o eventualmente valutare quello che possiamo e non possiamo fare per la cifra che ci viene proposta. Se il regista mi propone di lavorare con un budget di mille euro io posso accettare il lavoro perché magari mi piace particolarmente il progetto, dicendoche per quella cifra posso concedere venti minuti di musica realizzata solo col pianoforte suonato da me, nel mio studio. Se pretende per mille euro un’ora e mezza di musica sinfonica registrata dalla London Symphony Orchestra è ovviamente una pretesa assurda. E vi assicuro che proposte del genere arrivano quotidianamente anche ai grandi nomi…
A me fa piacere che il regista chieda cosa posso realizzare con un certo budget che ha pensato per la musica è oltretutto un ottimo indizio per capire che importanza quella produzione dà alla musica. Se, come succede di solito, si arriva a fine produzione con un budget ormai quasi esaurito e si deve ancora pensare alla musica, vuol dire che la musica non è stata presa in considerazione dall’inizio e che quindi il regista non la ritiene particolarmente importante per il suo film. Sta a noi poi decidere se vogliamo lavorare con un regista che considera la musica un elemento di secondo piano in un film.
Ci sono due modi principali di lavorare ovvero la cifra che viene offerta può comprendere tutto il lavoro (buyout) o corrispondere al solo premio partitura, cioè il cachet che il compositore prende per scrivere la musica senza registrarla.
Nel primo caso nel budget rientra tutto e bisognerà consegnare le tracce pronte per il mix. Ci si assume la responsabilità totale, che comprende stipulare contratti coi musicisti, assicurarsi che dopo non vogliano altri diritti, contattare lo studio di registrazione, coprire le spese per l’ingegnere del suono, il copista, l’eventuale orchestratore, il music editor, e molte altre figure professionali. Tutto il rischio d’impresa ricade sul compositore. Ci viene messo a disposizione un budget e sta a noi gestirlo nel migliore dei modi. Maggiori sono le spese per la registrazione, lo studio, i musicisti, minore è il guadagno del compositore per la scrittura della musica.
E’ un’opzione rischiosa, che fa perdere molto tempo, concentrazione ed energie, ma può essere anche molto redditizia. Chi ha uno studio già attrezzato non avrà i costi di noleggio dello stesso. Chi suona più di uno strumento non avrà i costi addizionali per contattare più strumentisti. C’è però ad esempio il rischio che il regista voglia registrare di nuovo una traccia perché quella disponibile non piace o perché si accorge all’ultimo minuto che servono dei brani in più e tutte le spese ricadono su di noi in quel caso.
Viceversa, con il premio partitura tutte le nostre energie saranno dedicate alla scrittura della musica. Una volta consegnato lo spartito, si occuperà la produzione dei rapporti coi musicisti e di noleggiare lo studio di registrazione. E’ ovviamente il sistema che preferisco.: guadagnare meno, ma concentrarmi sulla cosa veramente importante, cioè la composizione. Oggi molti si presentano come “composer and producer” e gestiscono tutto, chiaramente in pochi però hanno a che fare con il suono di una orchestra vera…
Sfioriamo ora un aspetto che ho già trattato: lavorare gratis. Di base non si lavora gratis in nessun caso perché vuol dire mortificare la nostra professionalità. Ne parleremo approfonditamente in un altro articolo.
Ancora non ho però risposto alla domanda precisa: quanto guadagna un compositore? Non esiste uno stipendio mensile. Dobbiamo essere bravi noi a crearlo, come del resto accade a tutti i liberi professionisti. Consideriamo innanzitutto che il mestiere di compositore di colonne sonore ci lascia anche parecchi mesi senza far niente, cioè senza scrivere per un film anche se intanto dobbiamo curarci di tutto il resto, cioè prendere contatto e curare i contatti coi registi, realizzare demo, scrivere per esercitarci ogni giorno. Poi, all’improvviso, dopo mesi che non lavoravamo ad un film, ci troviamo a dover realizzare di corsa una colonna sonora completa. Dobbiamo essere bravi a gestire i nostri impegni e quanto ci aspettiamo di stipendio. Se per noi uno stipendio normale è di 1500 – 2000 euro al mese (stipendio minimo per sopravvivere dignitosamente) allora dobbiamo considerare che in un anno dovremo fatturare almeno 30000 euro (considerando anche le tasse). Allora bisogna fare o un film all’anno in cui pagano 30000 euro o due film all’anno in cui pagano 15000 o tre in cui ne pagano 10000. Mi devo dare quell’obiettivo. Questo è l’unico sistema per avere dei parametri sensati.
Mediamente per una serie televisiva in Italia si guadagna da 10 a 15 mila euro considerando solo il premio partitura. Poi ci sono degli annessi come ad esempio la SIAE, che può essere anche superiore al premio partitura, però è bene non farci troppo affidamento perché può capitare che la serie non vada mai in onda e quindi non si riceve il contributo SIAE. La cifra media per un film è di 20 mila euro per produzioni grandi. Per molti film che escono in sala ci viene proposto molto meno (o quasi nulla…).
L’ambiente italiano è piccolo e i compositori che lavorano per la televisione e il cinema sono tanti. Non ci sono film per tutti. Negli Stati Uniti è diverso escono decine di film al giorno, per non parlare dell’Oriente e del MedioOriente: sono mercati enormi. Lavorare per l’estero è un’opzione consigliata, che offre molte più opportunità, ma anche costi in più (bisogna essere disposti a viaggiare molto e spesso a trasferirsi fuori dall’Italia).
Mai proporre budget al ribasso sperando di essere contattati proponendo prezzi più bassi della concorrenza. Stiamo facendo arte. Non dobbiamo svenderci. Più che altro si può far presente quello che si può fare con il budget messo a disposizione come già detto. Un regista deve voler noi per la nostra unicità e non perché siamo più economici degli altri. Per questo è importante essere originali ed unici, nel suono e nella personalità. I registi devono sapere che se ci contattano otterranno un lavoro che renderà quel film unico. Consideriamo questo quando andiamo a “vendere” ( o “svendere”) la nostra professionalità, che non è solo la nostra partitura ma anche il nostro tempo e la nostra storia, la nostra esperienza di musicisti e di esseri umani che concediamo “in prestito” per un periodo di tempo.
La cosa importante è considerare nel nostro lavoro tutti gli aspetti. Se voglio fare solo il compositore di musica da film e voglio fare solo film di animazione tedeschi lavorerò molto poco perché non ci sono molti film. Se invece faccio tutto quello che mi passa sottomano lavorerò a sufficienza, però lavorerò inevitabilmente anche a film pessimi. Tutti l’abbiamo fatto. Io in passato ho lavorato a progetti dei quali magari non mi sono pentito della musica (alla quale ho sempre cercato di dare la giusta dignità) ma del film in sé sì perché non si trattava di pellicole di particolare qualità. Capita di farlo però quando magari non si lavora da tanto tempo e scalpitiamo per aggiungere più credits possibili al nostro curriculum.
Una soluzione può essere ampliare il nostro raggio d’azione, cioè lavorare per il cinema, la televisione, la pubblicità, le serie per Youtube, per i videogiochi, lavorare come arrangiatori ed orchestratori per altri musicisti, come tecnici in studio o assistenti per altri musicisti. Diversificare ci consente di avere sempre qualcosa da fare e avere la possibilità di mettere le mani in progetti di diverso tipo. Se decido di lavorare a 360 gradi per i media avrò più opportunità e più tranquillità a livello economico.
Io ho iniziato a lavorare per le colonne sonore per caso perché mi sono capitati una serie di lavori per gli Stati Uniti diversi anni fa. Ho visto che oltre ad una passione, poteva diventare il mio lavoro principale. Per diversi anni l’ho fatto come lavoro principale, però questa cosa mi ha reso infelice, nonostante i buoni guadagni e la fama che mi ha portato nell’ambiente. Mi ha reso infelice perché non avevo tempo per altre cose. Ero sempre solo ed esclusivamente proiettato su quel lavoro. Ero infelice quando non riuscivo ad “accaparrarmi” un lavoro, triste quando non c’era lavoro, stressato quando ce n’era tanto. Una qualità della vita decisamente sbilanciata.
Come evitare questo? Sicuramente potrebbe essere una soluzione, che è quella che poi io ho adottato, avere un secondo lavoro. Io come secondo lavoro faccio l’insegnante. Lo svantaggio è di dover fare un po’ di capriole per gestire il tempo e i propri impegni. Il grande vantaggio è di avere un lavoro “fisso”, che mi permette di scegliere con maggiore sapienza, intelligenza, calma e con uno spirito artistico più sereno, i lavori da fare e quelli da rifiutare.
Quando quello di freelancer è l’unico lavoro, rifiutare un progetto diventa una tragedia. In questo caso possiamo farlo più serenamente e accettare anche lavori pagati meno ma più interessanti, che costituiscono una vera e propria spinta per la nostra carriera rispetto a progetti brutti ma più ben pagati.
Il consiglio che vi dò è di considerare per una parte della vostra carriera il lavoro del compositore come un part time. Non dimentichiamoci di vivere. La creazione è anche un’esperienza di vita. Se passiamo tutto il tempo in studio non avremo modo di fare quelle esperienze che ci aiuteranno nel processo creativo. Il secondo lavoro è utilissimo. Permette di liberare la mente e di non essere troppo concentrati ed ossessionati dal lavoro di composizione. Permette di avere sicurezze economiche diverse e di allentare lo stress mentale e creativo.