Come comporre Colonne Sonore per la Televisione e Music Libraries

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Una delle domande che mi avete fatto in molti riguarda la differenza tra lavorare per il cinema e lavorare per la televisione per quanto riguarda la composizione di colonne sonore. C’è una differenza sostanziale sotto diversi punti di vista.

Ho iniziato a fare questo lavoro proprio grazie alla televisione, grazie all’amico Carlo Gargioni che parecchi anni fa mi ha invitato a lavorare alla Music Library di RTI Mediaset. La music library è una libreria musicale alla quale i tecnici, in questo caso Mediaset, accedono per prendere musiche che possono servire per commentare documentari, servizi televisivi, telegiornali e serie. Sono dei brani già pronti per la sincronizzazione con le immagini, non vengono composti appositamente per uno specifico progetto,

Lavorare per le libraries è interessante perché è un ottimo banco di prova per il compositore. La differenza tra scrivere musica per libraries e scriverla per film o serie televisive è che appunto in un caso viene fatta su misura, mentre nell’altro no. Si scrive della musica generica, che può andare bene per diversi tipi di immagini, senza avere nessuna immagine di riferimento ma solo un tema o un mood generico. Questo ci dà molta più libertà compositiva ed allo stesso tempo ci permette di farci le ossa sulla produzione musicale. Allo stesso tempo è anche vero che lavorando per le music library si è spesso costretti a non essere molto originali perchè per avere speranza che il nostro brano venga utilizzato il più possibile dalla rete televisiva è importante che sia tutto sommato anonimo, cioè che non abbia troppi momenti memorabili, ovvero che funzioni bene come sottofondo.

 

Uno dei primi modi per lavorare per la televisione è creare musiche per una music library. O per quella direttamente della rete televisiva, oppure per delle library esterne che a loro volta forniscono le musiche al network. Ce ne sono centinaia in tutto il mondo, sia in Italia, ma soprattutto negli Stati Uniti, e hanno bisogno sempre di molto materiale. Lo scotto da pagare è che bisogna lavorare un po’ a metà strada tra l’originalità e il “già sentito”. Da punto di vista creativo forse non è troppo gratificante, ma oltre ad essere una buona palestra, è un modo anche per guadagnare perché ogni passaggio televisivo del brano che andiamo a fare porterà degli introiti di SIAE, che sono più o meno alti a seconda di quanto di quel brano viene sincronizzato nella trasmissione, a seconda della rete televisiva (Rai e Mediaset pagano di più di altre reti) e dalla fascia oraria di trasmissione (una trasmissione su Rai Uno rende di più di una trasmissione che va in onda alle sei di mattina su Rai Tre). Lo stesso discorso vale per la radio. Ci sono trasmissioni radio che hanno bisogno di sottofondi e vengono pagati i diritti d’autore in base alla fascia oraria.

Io conosco molti colleghi che lavorano quasi esclusivamente per le music library. Il consiglio generale è quello di realizzare brani di estrema qualità, registrati, prodotti e mixati bene . Bisogna stare attenti a non avere cambi di armonie che si fanno troppo notare né cambi di tempo, senza strumenti che emergono troppo. L’uso delle voci è sconsigliato perché le frequenze della voce cantata vanno ovviamente ad interferire con il parlato. Per avere più speranze di avere il nostro brano sincronizzato in più trasmissioni possibili bisogna far sì che il brano funzioni a  con diversi tagli, in termini di minutaggio. Se il brano dura tre minuti dobbiamo fare in modo che possa essere tagliato e ricucito in maniera credibile anche in una versione da un minuto o addirittura da trenta secondi.

Chi si occupa del montaggio dovrà fare questi tagli oppure verrà chiesto a noi di presentare il brano già tagliato. Io preferisco quando mi chiedono dei tagli perché posso realizzarli direttamente in fase compositiva nella DAW (io utilizzo Cubase) agganciandomi al Metronomo. Quando invece consegniamo il brano già completo i tagli fatti a posteriori dall’editor possono non essere proprio il massimo.

Lavorare per le music library è una cosa che ho fatto per tanti anni e ogni tanto faccio ancora ed è un modo per tenersi occupati tra un lavoro e l’altro, anche per sperimentare delle soluzioni particolari, quindi per poter imparare ad utilizzare meglio uno strumento, o un software, che abbiamo acquistato da poco. Oltretutto è una cosa che si può fare senza l’ansia di dover consegnare il lavoro per una data precisa. Per guadagnare da questo sistema dobbiamo però produrre una quantità di brani incredibile perché molti brani possono essere accettati ma possono anche non venire messi mai in onda, finendo così nel dimenticatoio.

Anche per questo vale la differenza tra una library e un’altra. Alcune non offrono nessun compenso immediato per l’acquisizione del brano, altre invece pagano una cifra simbolica, oltre chiaramente alla possibilità che venga remunerato dai diritti d’autore nel caso venga sincronizzato o usato in uno spot o trasmissione televisiva. Esistono anche music library più avanzate e corrette nei confronti dei compositori, che offrono non solo una cifra per il brano ma anche delle risorse per realizzarlo, per pagare i musicisti , difficilmente una orchestra intera ma magari un quartetto d’archi o una piccola band. Negli altri casi tutti i costi ricadono sul compositore, che si assume anche il “rischio d’impresa”: investiamo delle risorse per pagare i musicisti che registrano i nostri brani ma magari non riusciamo a trarre nessun vantaggio economico dal brano registrato.

Altri consigli: sicuramente tenere d’occhio le ultime produzioni perché se un film ha successo tutti ti chiederanno brani simili al suono di quel film, molto spesso viene ad esempio chiesto Hans Zimmer. Tenersi molto aggiornati, ricercando una sonorità che magari non è molto originale o personale, alle volte aiuta.

Alcune libraries sono più conosciute ed inserite nel mercato, altre meno, e alcuni brani, se siete molto fortunati, possono finire anche nei trailer dei film e lì si guadagna bene.

L’altra opportunità che avete per lavorare a progetti televisivi è di venir chiamati direttamente dalla rete televisiva o da un produttore, per realizzare le musiche per un progetto specifico, una serie, una trasmissione o un film TV.

A quel punto il lavoro è un po’ ibrido, a metà tra la music library ed il film scoring perchè molti brani vengono scritti in sincrono con le immagini e altre più liberamente a modo di library. Io per un lavoro che ho fatto alla RAI qualche anno fa ho realizzato parte dei brani in sincrono e parte dei brani sono stati sfruttati come music library. Di solito è la rete che si occupa della registrazione delle musiche e dell’orchestra, e poi si viene retribuiti quanto più il brano va in onda. Quindi se viene utilizzato per molte puntate della serie o utilizzato per le stagioni successive, ogni volta che il brano viene messo in onda si viene retribuiti dalla SIAE, che sono gli introiti chiamati secondari, che poi tanto secondari non sono perchè spesso sono più alti di quanto si viene retribuiti per il premio partitura, che è la cifra che da contratto il produttore versa per scrivere la musica.

Mi sento di consigliare di stare attenti a quelle libraries che a priori non offrono nessun contributo. Anche io domani potrei aprire una library e chiedere ai compositori di mandarmi le loro musiche e offrirle poi ai vari canali televisivi, però se ho un milione di brani in library è chiaro che molto spesso alcune di questi non andranno mai in onda. Meglio lavorare con libraries che selezionano con attenzione e lavorano per far fruttare questi brani al e di solito queste sono le libraries che investono un minimo di budget per la produzione dei brani. E’ chiaro che se lavorano in questa maniera devono selezionare in maniera più attenta il compositore, però vuol dire che i brani li fanno fruttare fino all’ultimo perché il rischio d’impresa è anche della library stessa. In caso contrario il rischio è di passare la vita a scrivere brani generici, che potrebbero non venire mai messi in onda. Capita spesso. Mi è capitato di lavorare per alcune libraries, realizzare CD interi che non hanno fruttato di SIAE quasi niente. Il lavoro è stata una buona palestra, ma alla fine a livello economico è stato un investimento inutile. Se devo fare “palestra” allora tanto vale occuparsi di composizione di musica assoluta, slegata da ogni scopo e fine commerciale e pubblicitario.

Per quanto riguarda la televisione bisogna considerare che ovviamente è una forma d’arte, anche molto evoluta, e che quella italiana negli ultimi anni si sta risollevando qualitativamente anche in confronto alle serie estere. Il limite forse è che in Italia si è comunque legati ad un certo suono che è un po’ tradizionale, un “suono italiano” appunto. Molte serie si somigliano anche come sonorità e anzi viene richiesto spesso di non distaccarsi troppo da quello che è stato fatto fino ad oggi, mentre le serie televisive estere spesso hanno il vantaggio di tirare su l’asticella dell’originalità e quindi anche nel sound danno molta più possibilità di essere creativi, di proporre soluzioni nuove e alternative.

Il massimo sarebbe lavorare per le serie estere, dove vengono prodotte cose bellissime: pensiamo ad Utopia, veramente geniale, oppure Fargo, che ho trovato molto bella e alla musica di Hannibal. Cose che da noi si sentono poco.

Quando scrivete musica per libraries utilizzate il più possibile strumenti veri perché i virtual instruments sono alla portata di tutti oramai e questo porto tanti prodotti musicali a non distinguersi perché i suoni si assomigliano un po’ tutti. Mettere anche un solo strumento vero, suonato da un vero musicista, cambia totalmente il suono e vi fa elevare sulla massa dei compositori. Quando si scelgono dei brani da sincronizzare in un progetto, operazione che spesso viene fatta molto in fretta, sentire lo strumento vero, che ha un suono tutto suo e particolare, può far pendere l’orecchio del montatore verso il vostro brano più che verso quello di un altro che ha utilizzato solo strumenti virtuali.

Per le music libraries consiglio di fare attenzione a come titolate i brani perché un brano facile da ricordare come titolo rende più facili le operazioni di riconoscimento anche da parte di chi compila i programmi musicali. Un titolo complicato, in inglese, lunghissimo, con gli apostrofi, rende meno pratica la prassi di registrazione. Quindi titoli semplici e, se lavorate in Italia, possibilmente in italiano. Magari addirittura di una parola, ma che siano davvero esplicativi. Ad esempio se state facendo una serie di brani e state immaginando un brano per una scena notturna, chiamatelo “dramma a mezzanotte”, che è un titolo demenziale ma assolutamente funzionale perché spesso spiega molto più della musica qual era l’intento compositivo e di sincronizzazione. Mi è capitato di riuscire a sincronizzare e vendere tutta una serie di brani proprio perché il titolo era molto più efficace del brano stesso nel rendere l’idea.

C’è un libro che ho letto ultimamente che si chiama “Super Onda, storia segreta della musica italiana” (l’autore dovrebbe essere Valerio Mattioli) che ha un capitolo dedicato alla storia delle music libraries italiane dagli anni 60 in poi (non pensate che siano un fenomeno recente). Molti dei grandissimi compositori che hanno fatto grande la musica da film italiana hanno lavorato per le music libraries e all’estero sono famosissimi queste collezioni di suoni perchè sono in molti casi delle grandi opere di pura sperimentazione.

Se un compositore faceva una composizione dodecafonica e la chiamava “rivoluzione studentesca”, il brano, che era anche elevato culturalmente ma che poteva funzionare nel contesto di un servizio televisivo dedicato alle proteste di studenti, riusciva a far passare la musica sperimentale per una via commerciale. Oggi questo avviene un po’ meno, però è una cosa che si può tentare. Quindi occhio a come etichettiamo i brani.

Diffidiamo un po’ delle libraries, soprattutto americane, che ci chiedono la rititolazione, cioè vogliono tutti i brani in esclusiva. Perchè c’è anche questa distinzione da fare: alcune library chiedono contratti di esclusiva e altre di non esclusiva. Per aggirare il problema dell’esclusiva ti propongono di depositare nuovamente lo stesso brano con un altro nome. Questa è una cosa che penso sia proprio illegale per la prassi della SIAE italiana. Comunque non è corretta perchè potrebbe essere che un tuo brano viene venduto in licenza da una library a 100 euro e da un’altra a 3 sterline. E’ poco serio e poco professionale, anche eticamente. Io eviterei quel tipo di library che offrono la rititolazione.

Attenzione anche alla monetizzazione su Youtube perchè spesso alcune library ti chiedono la possibilità di monetizzare la tua musica su Youtube, così ogni volta che qualcuno utilizza il tuo brano su Youtube arrivano soldi sia alla library che all’autore. Evitate questa prassi perché arrivano pochi soldi, poco più dello streaming su Spotify o Apple Music o Amazon, e crea un problema, cioè se poi vendete quel brano ad un cliente che lo utilizza per una pubblicità e questa pubblicità il cliente la mette su Youtube, arriverà al cliente stesso una notifica dal network per comunicargli che non può utilizzare il brano perchè ha la monetizzazione oppure sulla sua pubblicità viene inserita un’ulteriore pubblicità. Evitate perché è poco serio e professionale. Vi trovate col cliente che vi chiama al telefono urlando perché non può usare il brano che ha comprato. Chiaramente possiamo risolvere molto rapidamente il disclaimer di Youtube dimostrando che la persona alla quale abbiamo concesso i diritti di utilizzi del brano ha appunto…tutti i diritti di utilizzarlo, ci creiamo comunque della cattiva pubblicità della quale non abbiamo bisogno.

Mi piace lavorare per la televisione? Io ultimamente sto selezionando molto i miei lavori perché ho in mente un certo mio suono. Il medium per me è indifferente laddove mi viene data la possibilità di non svilire o mascherare la mia musica, cioè laddove il fine che giustifica i mezzi mi consente di portare avanti un mio discorso musicale. Molte volte ti viene chiesto un tipo di suono che magari non è il tuo perché serve per quel progetto quella specifica caratteristica e questo ci è poco utile e va a deturpare la nostra personalità musicale. Ci rende più generici, più mediocri e sicuramente meno personali ed originali.

Nella televisione si cerca di più il “già sentito” perché, per sua definizione, questo medium ha un carattere un po’ più commerciale di quanto possa essere il cinema, che può essere molto commerciale o anche no. Da un certo punto di vista bisogna stare attenti a che tipo di lavori si scelgono, da un altro punto di vista dà molta più popolarità perché al cinema non vanno tutti (purtroppo…) mentre la televisione è sicuramente più popolare. Mi è capitato di non dover spiegare il mio lavoro alle persone che l’hanno ascoltato in televisione mentre per progetti molto più ambiziosi e artisticamente curati che ho fatto per il cinema ho dovuto spiegare che lavoro facessi a delle persone che non conoscevano quel film che magari non era uscito in Italia.

La televisione è il nazionalpopolar e non è un difetto perchè, se fatto bene, ben venga. Pensiamo a serie come “Montalbano” o “La mafia uccide solo d’estate” molte serie sono fatte bene e la musica è fatta bene, è curata e c’è un bel lavoro di squadra tra registi e compositori.

Generalizzare è sbagliato, però il mio consiglio è, se volete mantenere una personalità, cercate progetti nei quali vi si consente di proporre soluzioni dove non si è schiavi del progetto. Molte volte, anche nel cinema, si finisce schiavi del produttore o del regista che ti tengono in ostaggio ed artisticamente non ti viene consentito di esprimerti. Esistono le vie di mezzo e, siccome esistono, cerchiamole.

Breve parentesi sulle musiche per la pubblicità, di cui io non mi occupo moltissimo. I brani che scriviamo per le music libraries possono essere licenziati dalla library stessa ad agenzie di pubblicità. Lì ci sono in effetti begli introiti, in base al contratto che firmate. Dovreste contrattare bene con la music library cosa a voi spetta ogni volta che licenziate il brano. Io di solito chiedo qualcosa come il 50% delle licenze che loro vendono, ad esempio se il mio brano viene licenziato alla Nike per una campagna pubblicitaria in cui si parla di tanti soldi, è giusto che la music library prenda molto, quindi la metà, però è soprattutto giusto che al compositore vada l’altra metà. In quel caso non si parla di diritti d’autore, ma di diritti connessi. E’ importante vedere cosa si firma perché alcune libraries ti danno 100 euro per acquisire il brano e poi loro guadagnano magari 40 mila euro con una singola licenza. Spesso questi contratti sono in inglese, quindi vi consiglio di conoscere almeno bene l’inglese letto così siete in grado di chiedere modifiche al contratto o di non accettarlo affatto.

A me è capitato spessissimo di rifiutare contratti con delle libraries perché avevano dei punti oscuri.

Ultimamente mi capita di lavorare soprattutto con music libraries che non pretendono i brani in esclusiva perché io così posso presentare tonnellate di brani durante gli anni a molte music libraries, avendo più possibilità che il brano venga licenziato. Quelle più serie richiedono i brani in esclusiva perché i loro clienti, di fascia alta, pretendono che i brani siano esclusivi. Non vogliono che il brano possa essere stato usato dalla ditta avversaria che magari fa lo stesso tipo di prodotto.

E’ una mia scelta che mi consente di non rischiare troppo perché quando offri il brano in esclusiva rimane lì bloccato. Questo è utile anche perché in questi miei archivi ci finiscono anche un sacco di demo che ho fatto, rifiutati come colonne sonore, brani fatti molto bene ma che finirebbero nel mio cassetto inutilizzati. Più che lasciarli lì preferisco darli a delle libraries, ma non in esclusiva, perché potrei sempre utilizzarli per qualche film o qualche piccola pubblicità, come spesso è capitato.

Un mio insegnante di composizione in Conservatorio che diceva che anche quel “temino” di quattro battute che vi avanza va tenuto da parte, pronto per essere utilizzato, perché “la musica è come il maiale e non si butta via niente.”

Peppa Pig - S8E9 - Funny Music - Video - RaiPlay

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