Oggi vi parlo dell’ascolto musicale, che è un concetto che non riguarda solo i compositori, né chiaramente riguarda solo le colonne sonore, ma più in generale il musicista, lo studente di musica, l’appassionato o chi ama quest’arte. In molti mi chiedete: “Che musica ascolti? Che musica bisogna ascoltare per trarre ispirazione per delle composizioni, per creare poi il proprio stile?”.
Parto dal presupposto che la musica è un linguaggio. Come tutti i linguaggi, si impara per esperienza e soprattutto per ascolto. Quando un bambino italiano impara l’italiano, lo impara perché lo sente parlare quotidianamente, anche in maniera subconscia. Perché lo sente parlare da chi gli sta intorno, quindi genitori, parenti in generale, piccoli amici dell’asilo, della scuola, i maestri e via dicendo. Non si fanno lezioni strutturate all’inizio, almeno per parlare e per comunicare in maniera sintetica, di base. Poi, crescendo, si studia per acquisire un maggior vocabolario, una grammatica corretta e via dicendo, ma sono comunque cose che si imparano soprattutto grazie all’ascolto. Infatti a chi vuole imparare una nuova lingua si consiglia o di farlo quando si è molto piccoli o, se si è adulti, di fare delle full immersion all’estero dove si parla esclusivamente quella lingua, quindi si ha un immersione totale nel linguaggio poco conosciuto.
Con la musica, a mio parere, è la stessa cosa, e per questo è anche fondamentale (ed è una cosa per cui mi batto da anni) che l’insegnamento della musica non avvenga dalle scuole medie, a 11 anni, ma avvenga nella maniera più immediata possibile, più precoce possibile. La musica andrebbe ascoltata già quando si hanno 1 o 2 anni, insomma. Quando si comincia ad acquisire il linguaggio verbale sarebbe il caso di acquisire anche il linguaggio musicale. Aggiungo inoltre che la musica che andrebbe ascoltata da bambini dovrebbe essere ricca di stimoli musicali e varia armonicamente, timbricamente e melodicamente. I bambini che hanno un vocabolario migliore sono quelli circondati da adulti che utilizzano un linguaggio elaborato. I bambini dovrebbero nutrirsi di Musica “ricca”, il Jazz, la Classica, ed ascoltare (possibilmente dal vivo) strumenti veri. Come sono invece le canzoni per l’infanzia? Melodie composte da due o tre note, ritmi ripetitivi (ossessivi), due, a volte tre accordi, strumenti del tutto finti. Chiaramente distinguiamo la musica da “ascoltare” da quella da “imitare”. Quando ero piccolo le sigle dei cartoni erano suonate da musicisti veri (dalle orchestre a volte) e composte ed arrangiate da musicisti importanti (che si occupavano anche di altri generi musicali). Gli ascolti fatti durante l’infanzia influenzano tutt’ora il mio gusto musicale in termini di timbro, arrangiamento, armonia, melodia. Ora, se facciamo ascoltare ai bambini musica “simil-discoteca”, avremo dei futuri ragazzi che saranno avvezzi solo a quelle sonorità. Qui si aprirebbe una parentesi enorme sulla programmazione televisiva per bambini e sulle colonne sonore sottostanti…farò magari un video apposito in futuro. Quindi non perché siano bambini bisogna fargli ascoltare musica semplice. È anche un po’ come il cibo. Se noi abituiamo un bambino a mangiare solo cibi molto poveri di sapore, poi non apprezzerà i cibi che sono più ricchi, cucinati con attenzione, con spezie. Non che a un bambino di un anno vada dato il curry, però devono poter assaporare tutto della vita, per acquisire più dati possibili.
Cosa c’entra questo con noi compositori? Purtroppo molti di noi hanno il vizio di ascoltare solo, o perlopiù, musica da film e, oltretutto, di determinati compositori. Questo, secondo me, impoverisce il linguaggio, il nostro linguaggio musicale futuro. Vi faccio un esempio, tornando allo sviluppo del linguaggio nei bambini: se noi parliamo con loro utilizzando quattro vocaboli in tutto e ci esprimiamo, comunichiamo in maniera molto povera, il linguaggio che assorbiranno sarà ugualmente povero.
Noi compositori siamo un po’ come i bambini, dobbiamo ascoltare più musica possibile, più varia possibile, di più generi possibili. Dobbiamo avere un linguaggio che sia melodico, armonico e il più vario possibile. Ascoltando in maniera anche subconscia, acquisiamo una serie di parametri e prendiamo familiarità con sonorità, accordi, successioni armoniche o melodiche, e questo verrà fuori con il tempo. Perché i jazzisti studiano gli assoli di altri grandi musicisti jazz, dei mostri sacri? Perché studiando quei soli e suonando frasi o anche scale musicali, questo linguaggio viene assorbito e poi viene fuori in maniera spontanea con il tempo. Appunto, come il linguaggio verbale.
Quindi il compositore dovrebbe fare un ascolto che sia il più vario e il più ricco possibile. Se io amo Hans Zimmer e ascolto solo lui, il mio linguaggio sarà povero. Il massimo a cui posso ambire è essere una sua brutta imitazione. Lo stesso per quanto riguarda John Williams, Ennio Morricone e per tutti i nostri idoli.
Il consiglio che vi do è: se vi piace Hans Zimmer, sì, ascoltatelo, ascoltate le nuove uscite e le colonne sonore, ma ascoltatele all’interno del film. Non ascoltate il CD perché è totalmente fuori contesto e si assorbono influssi sbagliati. Se amiamo un compositore, ascoltiamo e vediamo più volte i film ai quali lavora o ha lavorato. Andiamo alla radice, cerchiamo quali sono i punti e le fonti d’ispirazione di questi compositori. Se Hans Zimmer, come ha dichiarato più volte, ha nelle sue fonti d’ispirazione Morricone o Beethoven, ascoltiamo quei musicisti. Se vogliamo scrivere come Zimmer, ascoltiamo la musica elettroniche che lui ascolta. È l’unico modo per ricreare il contesto all’interno del quale lui ha espresso la proprio unicità, il proprio linguaggio, il proprio carattere, la propria personalità. Lo stesso discorso per John Williams, che nasce come musicista jazz e pianista, all’ombra della Golden Era di Hollywood. Quindi se io voglio scrivere come John Williams (e non ci riuscirò mai perché nell’universo quella casella, quel tassello è stato già occupato da lui stesso) è il caso che io ascolti musica che lui ascoltava quando era giovane. Quindi musica jazz, i classici della Golden Age di Hollywood e i grandi compositori dal tardo Romanticismo agli inizi del ‘900. Questo è il consiglio principale che posso darvi.
Si tratta quindi di un vero e proprio ear training molto mirato, che permette di “abituare” l’orecchio a certe armonie, certi passaggi melodici, ma non solo, anche all’utilizzo dei contrappunti, dell’orchestra. Questo modo di ascoltare la musica va a vantaggio anche di chi si occupa non di musica orchestrale ma anche di produzione musicale. Capiterà a tutti di lavorare non solo a brani sinfonici per orchestra o musica da camera, ma anche a brani di natura più pop, o rock. Quindi, ascoltare in questa maniera ci consente anche di abituare l’orecchio all’utilizzo di determinate frequenze, a favorirne alcune più di altre e a realizzare anche dei mix migliori. Perché sappiamo che il nostro lavoro, il lavoro del compositore moderno, non è solo quello di lavorare con carta e penna ma è anche quello del producer, del produttore musicale. Quindi fare attenzione anche a determinati accorgimenti di tipo tecnico ci aiuta e l’ascolto è fondamentale in questo.
Ascoltare musica più varia possibile è fondamentale. Non solo musica sinfonica ma anche pop, rock, perché no? Delle idee si possono prendere dappertutto, soprattutto per quanto riguarda non la composizione in sé, ma per quello che è il missaggio o la microfonazione. Vi invito ad ascoltare qualsiasi quartetto d’archi registrato da musicisti che fanno musica classica e ad ascoltare, ad esempio, gli archi che accompagnano McCartney in Eleanor Rigby o in Yesterday. Ci accorgiamo che è un tipo di sonorità diversa.
Sono tutti dettagli fondamentali, importanti per poi riuscire a creare una nostra personalità, un nostro suono. Questo perché, ripeto, al giorno d’oggi e soprattutto nelle produzioni che hanno un budget minore, noi siamo tenuti ad essere non solo compositori ma anche di volta in volta ingegneri del suono o tenici di mix. Quindi allenare l’orecchio ad ascoltare questi dettagli è una cosa fondamentale, anche indipendentemente dal genere di musica che si scrive normalmente.
Io negli ultimi anni tendo ad ascoltare molto meno le colonne sonore, se non all’interno del contesto del film e ad eccezione di mostri sacri come Williams e Morricone. Ogni loro lavoro merita per me, per i miei gusti personali, un’attenzione particolare e devota. Per il resto, ascolto molto jazz, molta musica da camera soprattutto e molta musica sinfonica. Poi, per divertimento, perché non è solo lavoro, anche musica rock sia contemporanea che del passato.
Tendo a non ascoltare troppo ogni singola nuova uscita come fanno i fan delle colonne sonore perché questo ascolto protratto potrebbe condizionarmi l’orecchio. Poi è con quello che lavoriamo, con l’orecchio interno, che è fatto di ricordi, suggestioni che emergono a seconda di quello che abbiamo ascoltato nel passato. Una cosa con la quale dobbiamo fare i conti è che molti di noi fanno questo mestiere perché prima di essere musicisti e compositori sono stati appassionati di colonne sonore, quindi il vizio e la tentazione di ascoltare qualsiasi cosa esca (e ne escono quotidianamente, decine di colonne sonore nuove) potrebbe esserci. Io cerco di non ascoltare molti compositori contemporanei ma di andar più alle radici di questa musica, quindi ascolto Brahms, Mahler, Debussy, Prokofiev, Bartok, magari alcune composizioni meno note che non ho mai ascoltato.
Veniamo adesso a come ascoltare la musica. Chi ha la mia età ha visto il passaggio tra una maniera di ascoltare e l’altra, quella contemporanea, molto bulimica, perché si ascolta in continuazione di tutto e in quantità mostruose senza approfondire. Chi è della mia generazione, nato negli anni ‘70, ha vissuto questo passaggio con le nuove tecnologie, con i servizi di streaming, con Youtube Però ha vissuto anche cosa poteva essere l’ascolto musicale prima, quando queste tecnologie non c’erano.
L’ideale sarebbe dedicare all’ascolto dei momenti della giornata, perché attualmente ascoltiamo musica, quasi tutti, mentre facciamo altre cose: mentre siamo in macchina, mentre navighiamo in rete, rispondiamo alle mail o ci rilassiamo su facebook. Invece no, dovremmo riscoprire l’ascolto attento e critico, che può essere fatto solo creando del tempo, mettendoci di fronte al supporto e facendo un ascolto unitario e concentrato. Quindi l’ideale sarebbe prendere il CD o il vinile dell’opera che vogliamo ascoltare, mettersi lì e concedersi un’ora per fare solo quello, non saltare di traccia in traccia, come si fa su Spotify, anche perché poi siamo distratti dalla pubblicità, arriva una mail e cominciamo a pensare ad altro. Dovremmo cercare di ascoltare e fare solo quella cosa. Esagerando: occhi chiusi, seduti e concentrando tutta l’attenzione, mettendo il nostro focus su quell’attività, che non è un’attività passiva ma dev’essere attiva e consapevole. Quindi dovremo metterci con le cuffie o con un buon paio di casse, procurandoci il supporto (dico e sottolineo vinile o cd perché l’ascolto in mp3 è già viziato). Se noi ascoltiamo dei film, che sono in partenza compressi, potete non accorgervene, ma a livello subconscio ci entrano in testa delle frequenze che sono falsate, perché, appunto, compresse.
Poi, ovviamente, meglio ancora se viviamo l’esperienza dell’ascolto musicale dal vivo, perché la registrazione è sempre e comunque un artefatto, un compromesso, perché la musica vive di estemporaneità e contemporaneità. Già la registrazione è la fotografia di un attimo, non è la realtà. Adesso sto magari esagerando, però io ci credo veramente. Dovremmo poter ascoltare la musica dal vivo perché ci possiamo rendere conto in maniera migliore di alcuni meccanismi melodici, armonici, del timbro, della gestualità e di molte altre cose che per noi compositori sono particolarmente importanti. L’ideale sarebbe frequentare più concerti possibili, di qualsiasi tipo. Ovviamente se poi facciamo un certo tipo di musica, quella ci interesserà in maniera particolare.
In alternativa, sarebbe un’ottima idea ascoltare la musica inizialmente facendo un ascolto puro, concentrato e in un secondo momento con lo spartito sotto mano. È difficile seguire una partitura completa nella sua interezza e seguire tutte le parti, ed il consiglio che mi diede una volta Conrad Pope, l’orchestratore di Williams, Desplat, Shore e tanti altri, uno degli orchestratori più importanti di Hollywood, è: ascoltare una famiglia di strumenti alla volta. Fare un ascolto solo per gli archi, con la partitura sotto, e seguire solo le parti degli archi, vedere come interagiscono tra di loro. Poi solo i legni, gli ottoni, poi le percussioni, la tastiera, l’arpa e via dicendo. Questo ci consente di mettere a fuoco l’attenzione sull’interazione tra famiglie di strumenti un po’ alla volta, e di risolvere con più facilità dei problemi di disattenzione e distrazione quando si va ad affrontare un opera così grande, realizzata e scritta per orchestra sinfonica. L’ideale è quindi di lavorare con gli spartiti seguendo una fascia di strumenti alla volta.
Questo è il mio parere per quanto riguarda l’ascolto musicale, perché così possiamo ascoltare veramente, non in maniera distratta e superficiale, e ci accorgiamo della grandezza di tante opere che magari sottovalutiamo perché ad un ascolto più distratto non lasciano trasparire tutti i dettagli, opere che non si lasciano svelare.
Siamo abituati ultimamente ad un ascolto che è molto più pop, anche per quanto riguarda la musica sinfonica o le colonne sonore. Ascoltiamo con molta più facilità quelle che sono opere semplici, dove c’è una melodia, degli accordi fatti con gli archi e degli interventi degli ottoni o di chi volete. Che è anche la cifra della moderna musica per film, delle moderne colonne sonore.
Secondo me si sta perdendo un po’ il gusto dell’ascolto e quindi, di conseguenza, il gusto della creazione. Se ascoltate John Williams o ascoltate Morricone, non c’è una nota sprecata, ogni cosa è lì per un motivo ben preciso, quindi sono opere che hanno la loro dignità al di fuori del contesto della colonna sonora. Questa è una cosa importante per la quale Morricone si è sempre battuto: cercare di dare all’opera una dignità al di fuori del contesto del film. Ci riusciamo solo se scriviamo in una certa maniera, e sinceramente di molta “musica per film” moderna non so cosa rimarrà fra 50 o 100 anni. Di musica scritta in una certa maniera, come fanno Williams, Morricone, Shore, Greenwood, queste colonne sonore sicuramente rimarranno nel tempo, invecchieranno in maniera molto più lenta e sicuramente meglio di altre. Se vogliamo andare verso quella direzione (non che si debba farlo per forza, ma se è quella la nostra intenzione) questi sono i miei consigli per ascoltare musica. Una musica che poi possa esserci utile per creare la nostra unica personalità e la nostra unica voce.
Spero che questo articolo, che pensavo sarebbe stato più breve, sia stato utile. Come sempre, se avete delle domande e delle curiosità, io cerco di rispondere a tutti, un po’ alla volta. Scrivetemi sulla pagina Facebook o Instagram o anche via mail.
A presto!