Musica e Cinema d’animazione – Articolo su 8 e 1/2

Al seguente link in formato PDF potete effettuare il download della rivista 8 e 1/2 (la rivista ufficiale di Cinecittà), per la quale ho scritto un articolo dedicato alla Musica nel Cinema di Animazione.

Di seguito una trascrizione di suddetto articolo, buona lettura.

Uno dei primi ricordi fotografici che ho da bambino è una mia foto a 3 o 4 anni nella quale tengo per mano un modello di Goldrake, quasi della mia altezza. Sono cresciuto negli anni ’80, ascoltando la meravigliosa musica dei cartoni animati giapponesi, produzioni incredibili che coinvolgevano importanti compositori, grandissimi turnisti e spesso delle intere orchestre. Chi è stato bambino in quegli anni ha avuto il privilegio di guardare tanta animazione disegnata e colorata a mano e di ascoltare tanta musica suonata (bene) da musicisti veri. Intorno ai vent’anni ho iniziato ad approfondire l’ascolto degli scores soprattutto delle serie americane della Golden Age, nelle quali la musica è totalmente in primo piano, non è soffocata da effetti sonori e dai dialoghi. Anzi molto spesso i dialoghi non ci sono e gli effetti sonori (i “rumori” o “Foley”) vengono ricreati proprio dai musicisti e dai compositori che, utilizzando tecniche proprie della musica contemporanea (e spesso sperimentandone di nuove), danno vita ad un universo sonoro che, semplicemente, non esiste.Cito ad esempio Scott Bradley, che ha creato il mondo sonoro dei film d’animazione di Tom e Jerry, o Carl W. Stalling, che ha lavorato per i corti dei Looney Tunes o per le serie Merrie Melodies prodotte dalla Warner Brothers. Per non parlare di tutti i compositori che hanno lavorato per la Disney, George Bruns e Frank Churchill per citarne due, ed il capolavoro che ha coniugato musica classica ed animazione, Fantasia, ovviamente. I bambini assorbono i linguaggi come spugne nella prima infanzia, e la musica è a tutti gli effetti un linguaggio. Ciò che abbiamo ascoltato fino ai 6 o 7 anni (ma anche successivamente) influenza subliminalmente i nostri gusti musicali e la nostra percezione della musica. Io, come tanti, sono cresciuto ascoltando quelle musiche, suonate da grandi orchestre, arrangiate con cura da grandi professionisti. Ancora oggi il mio orecchio interno mi guida in alcune di quelle direzioni in termini di orchestrazione o anche di scelta dei suoni in fase di missaggio. Da bambino non avevo certo il desiderio di scrivere musica per i film d’animazione, è semplicemente accaduto. A dire il vero non avevo neanche la percezione che qualcuno scrivesse quelle musiche, erano lì, parte integrante di quel meraviglioso mondo colorato.

Quando già lavoravo come compositore per il Cinema, ho frequentato il Laboratorio di Musica per Film del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, e in quella particolare edizione ho avuto il privilegio di conoscere e frequentare delle lezioni con Ennio Morricone. L’esame finale del percorso di studi consisteva nello scrivere musiche per due cortometraggi. Ho deciso di lavorare a due film di animazione scelti tra quelli presenti nell’archivio della Scuola Nazionale di Cinema. Quella è stata la prima volta nella mia vita che ho lavorato al servizio dell’animazione perché avevo in mente un’idea ben precisa: l’animazione non va necessariamente trattata seguendo i clichès tipici dei cartoons. L’animazione non è un genere, ma un diverso mezzo per raccontare il mondo che ci circonda. Da qui la sperimentazione di scrivere musica come se stessi trattando un film con attori reali, cercando di evitare (dal punto di vista musicale) la “slapstick comedy” o il “micheymousing”. Dopo questa “epifania”, ho iniziato a scrivere mail a chiunque conoscessi che sapevo stesse lavorando a progetti di animazione, specialmente negli Stati Uniti. Ho raggiunto così Bill Plympton, una vera e propria leggenda dell’animazione indipendente nonché candidato agli Oscar. In quel momento non aveva bisogno di un compositore, ma una sua amica e collaboratrice (Signe Baumane) sì, stava lavorando al suo primo lungometraggio Rocks in my Pockets.

Abbiamo così iniziato a lavorare insieme, sono passati dieci anni da allora. Il progetto era proprio il tipo di lavoro al quale aspiravo, una pellicola con temi adulti (la regista lo ha definito “un film divertente sulla depressione”) da trattare musicalmente con le giuste dosi di umorismo e dramma, senza strizzare l’occhio ai tanti luoghi comuni musicali che spesso sono alla base del cinema di animazione. Molto spesso mi si chiede: qual è la differenza nello scrivere una colonna sonora per un film “tradizionale” o per un film animato? Non c’è nessuna differenza, perché – come ho detto prima – l’animazione non è un genere, quindi non è necessario adottare un diverso approccio. L’animazione è semplicemente una diversa opportunità, anche i registi sono più liberi nel loro modo di raccontare: possono letteralmente visualizzare i pensieri di un personaggio, far viaggiare lo spettatore nel suo corpo, o creare mondi e prospettive che sarebbero irrealizzabili utilizzando il mondo “reale”. Questa libertà si riflette anche nella musica che ha meno paletti anche perché, probabilmente, i registi che lavorano nell’animazione sono più aperti a lavorare fuori dagli schemi. Chi è appassionato di animazione, chi la studia e frequenta i festival, sa che l’animazione non è solo Pixar, Dreamworks o Disney. Questo è il mainstream, la parte commerciale del tutto, ciò che il pubblico “generalista” pensa sia animazione, ovvero cinema per i più piccoli. È un punto di vista molto limitato e molto occidentale. In Oriente, in Giappone in primis, gran parte dei film di animazione vengono scritti, prodotti e distribuiti con in mente un pubblico adulto. Ma in quei paesi, occorre sottolinearlo, il rapporto che si ha con l’immagine disegnata è totalmente diverso dal nostro, basti pensare alla scrittura che anziché basarsi su un alfabeto come quello latino, si basa sui Kanji, dei sinogrammi che semplificano i pittogrammi, dei disegni appunto. Chi lavora nell’animazione, in particolare quella indipendente, lontana dalle logiche necessariamente commerciali degli studios, svolge un lavoro d’amore e di totale dedizione; passano anni prima di poter vedere il proprio lavoro prendere vita, e questo lavoro, in molti casi, viene ancora realizzato a mano, disegno dopo disegno, frame dopo frame, fino a raggiungere il numero magico di 24 disegni al secondo, il minimo indispensabile per ingannare l’occhio e creare l’illusione del movimento.

L’animazione è per me oggi il retaggio più puro dell’essenza del Cinema, immagini in movimento. Mentre termino di scrivere quest’articolo sono di ritorno dal Festival di Animazione di Annecy, il più importante al mondo, presso il quale abbiamo presentato con Signe Baumane il nostro secondo film, My Love Affair With Marriage. Il film che ha ricevuto la menzione d’onore della giuria del festival, è ancora una volta una storia rivolta ad un’audience adulta, e grazie al medium dell’animazione esplora i complicati meccanismi biologici che regolano i nostri comportamenti in termini di rapporti di coppia. Quale altro mezzo se non l’animazione ti dà la possibilità di entrare, letteralmente, nel corpo umano ed avere tra i personaggi protagonisti la Biologia in persona? E’ facile intuire dunque quanta libertà il compositore possa avere creativamente, ma anche quanta responsabilità. Scrivere musica per l’animazione vuol dire avvicinare lo spettatore alla pellicola, trascinarlo al suo interno coinvolgendolo con l’udito oltre che con la vista. Ma vuol dire anche avvicinare l’immagine allo spettatore, dare vita e tridimensionalità a ciò che in realtà non ne ha, vale a dire l’immagine disegnata. La musica è nell’animazione la polvere magica che, insieme al desiderio, permette a Peter Pan di volare e lo libera dalle catene della forza di gravità.

Author:

/

Tags: