È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ho pubblicato un articolo su questo sito, e ho deciso di farlo in occasione di una notizia importante. La settimana scorsa, nel mondo dei compositori e di chi lavora con il computer, è successo qualcosa che ha sconvolto la routine di molti.
In sostanza, la ditta produttrice di un software molto utilizzato (Finale) ha annunciato la fine dello sviluppo di questo programma. Così, hanno consigliato agli utenti di passare a Dorico, offrendo anche opportunità di acquisto a un prezzo conveniente. Tuttavia, questa notizia ha lasciato comprensibilmente molti nel panico.
Questo articolo è dedicato da un lato a rassicurare chi lavora con i software di notazione musicale, dall’altro a stimolare la discussione tra i colleghi circa la conservabilità futura dei nostri lavori.
Iniziamo con la soluzione più immediata per capire quali passi intraprendere.
La soluzione rapida al problema è la seguente: assicuratevi di salvare tutti i vostri file Finale, nel formato XML, preferibilmente nella versione 4.0, che è la più avanzata. Successivamente, potrete importarli in Dorico, trovate ovviamente decine di tutorial in rete su come fare. Non saranno partiture del tutto identiche, nell’aspetto, agli originali scritti anni fa ma, con un buon grado di approssimazione ci restituiranno grandissima parte del lavoro creato.
Partiamo da questa questione per avviare una serie di riflessioni che riguardano l’attività di noi compositori, in particolare di chi si occupa di musica per il cinema, partiamo dal particolare per arrivare a considerazioni più ampie. Possiamo aprire la porta a una riflessione molto importante per noi compositori moderni, che differisce notevolmente da quella dei compositori del passato.
Quando Mozart o Beethoven completavano le loro opere, queste venivano prima copiate a mano da copisti e poi date alle stampe, per la loro diffusione immediata e, di conseguenza per la conservazione per le generazioni future. Una volta che un’opera veniva stampata, i problemi erano sostanzialmente risolti: la speranza era che la musica potesse circolare il più possibile. Oggi, però, non possiamo dire lo stesso.
Viviamo in un mondo completamente diverso, caratterizzato da una rapidità e da una capacità di conservazione che pongono nuove sfide. Ad esempio, circa tre mesi fa, ho partecipato a uno studio condotto da alcune università, che intervistavano compositori, in particolare quelli che si occupano di musica per il cinema. L’argomento era la conservazione delle colonne sonore, un tema delicato e di grande importanza per me. Da piccolo, sognavo di diventare Indiana Jones, ho alle spalle anche studi di Archeologia e conservazione dei beni culturali, e ho sviluppato una vera passione per il problema della conservazione dei beni musicali e per la storia della musica. Tuttavia, nella nostra epoca contemporanea, la conservazione musicale avviene raramente. Oggi, quando viene pubblicata una colonna sonora, essa tende a rimanere “congelata” all’interno del film, senza una vita autonoma al di fuori di esso.
La musica scritta per una pellicola difficilmente trova spazio nella vita concertistica, a meno che non provenga da un compositore di grande fama. Spesso oltretutto le colonne sonore moderne presentano poca melodia e scarsa riproducibilità, essendo composte molte volta da droni e suoni elettronici. In molti casi, non ci sono musicisti reali, solo strati su strati di suoni che si sovrappongono, accumulandosi. Questa realtà rende difficile la riproduzione dal vivo di molte colonne sonore. Non si tratta di una critica alla musica elettronica, che apprezzo e che ho suonato e composto, ma di una constatazione: la musica elettronica tende a invecchiare più rapidamente e a scomparire più facilmente, poiché è complessa da trascrivere e difficile da riprodurre dal vivo.
Ho sempre amato scrivere e sperimentare, anche con l’elettronica. Un mio recente album, scritto per quartetto d’archi ed elettronica, ha ottenuto risultati interessanti, e spero di continuare a esplorare questa combinazione.
Tuttavia, molte colonne sonore moderne si concentrano su tecniche compositive che sono esterne alla musica stessa. Ho ascoltato recentemente un’intervista a un famoso compositore, in gran parte dedicata all’uso del riverbero e di plugin specifici, piuttosto che a questioni melodiche o strutturali. Oggi, l’attenzione nella composizione sembra spostarsi sempre più verso l’uso di strumenti elettronici e tecniche di produzione.
Sebbene queste tecniche siano affascinanti, dal punto di vista della conservabilità e riproducibilità del suono, spesso non offrono le stesse garanzie. Se voglio studiare una composizione di Mozart o Beethoven, posso sempre consultare la partitura e comprendere le intenzioni del compositore. La scrittura musicale è chiara e consolidata: ogni nota è specificata in modo tale da garantire una riproduzione fedele. In contrasto, molte produzioni musicali moderne, soprattutto nel pop e nella musica elettronica, possono risultare difficili da riprodurre in futuro. Un brano di Lady Gaga o Rihanna, per esempio, sarà eseguito tra trent’anni, ma ricreare il suono originale sarà complicato. Le tecniche utilizzate, come determinati preset di sintetizzatori, sono spesso complesse e non sempre documentate.
La musica classica, al contrario, è scritta in modo tale da essere immortale. La scrittura e la trascrizione permettono di riprodurre le opere nel modo in cui sono state concepite. Tuttavia, molte colonne sonore moderne si basano su suoni elettronici e campionamenti, il che le rende meno riconoscibili e più suscettibili a essere dimenticate. Questa riflessione mi porta a concludere che, quando scriviamo musica per film, dobbiamo considerare non solo le esigenze dei produttori e dei registi, ma anche l’importanza di tramandare la nostra musica. È fondamentale trovare un equilibrio affinché le nostre opere siano trascrivibili e riproducibili nel tempo.
In molti casi, la musica non viene nemmeno pubblicata in CD, figuriamoci in vinile. Quindi, fisicamente, non esiste su nessun supporto, a parte il DVD o il Bluray. Pensate a quante serie nascono e muoiono con lo streaming: le colonne sonore sono totalmente virtuali. Possono essere presenti su piattaforme come Netflix o Amazon Prime e su Spotify, ma tutto ciò è impalpabile. Tra dieci anni, probabilmente, non esisteranno più, poiché queste piattaforme potrebbero decidere di rimuovere quel contenuto. Se non viene realizzata una commercializzazione adeguata del DVD o del Blu-ray, né esiste un disco fisico, e la colonna sonora è disponibile solo su Spotify, che potrebbe sparire per qualsiasi motivo, la volatilità del prodotto e la mancanza di conservazione è diventa un problema serio.
Per me, è fondamentale mantenere una buona abitudine: stampare tutte le mie composizioni, siano esse belle o brutte, piccole o grandi. Ho una parte della mia biblioteca dedicata a questo, con tanti volumi che raccolgono tutte le mie opere, anche le più semplici. Servono a ripercorrere la mia carriera e a lasciare qualcosa di tangibile per il futuro. Beethoven diceva che il compositore scrive per paura della morte, per lasciare un’eredità. La nostra professione è intangibile, quindi avere qualcosa di fisico è importante. Alla fine della mia carriera, voglio poter dire: “Ecco ciò che ho fatto”, che si tratti di colonne sonore, musica per videogiochi o concerti. Rendere tangibile l’intangibile, attraverso la stampa delle partiture, è essenziale. Per quanto riguarda i formati, l’unico sul quale scommetterei è il vinile, poiché la riproduzione è meccanica e non digitale. In un contesto di crisi apocalittica, è più probabile riuscire a ricostruire un lettore di vinili piuttosto che un lettore DVD o un riproduttore MP3.
Ho l’abitudine di stampare tutto e di salvare tutto in PDF, perché non mi sono mai fidato completamente dei software di notazione. Tutto è momentaneo e provvisorio, e i programmi possono scomparire in qualsiasi momento. Pertanto, ogni lavoro deve essere archiviato in modo ordinato. Molti si preoccupano di avere migliaia di partiture da convertire ora che Finale ha smesso di essere commercializzato, ma una volta composte e stampate, quante volte si torna su quelle partiture per modificarle? Se una composizione è stata scritta e archiviata, è lì quando serve. Spero che queste considerazioni stimolino una conversazione e una riflessione collettiva. Vi invito a condividere i vostri pensieri e a discutere di questi temi, in modo da capire dove stiamo andando nell’evoluzione della musica, soprattutto delle colonne